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Quando l’olio d’oliva era sacro
La storia dell’olio d’oliva nel Medioevo è legata alla chiesa e alle religioni. Usato per le funzioni religiose, era troppo costoso per le tavole di tutti.
L’olivo nel medioevo e la liturgia. La nostra tradizione olivicola non è mai stata tanto legata alla religione come in quel periodo. Se infatti l’olio nell’antica Roma era il principale condimento, nell’Alto Medioevo le cose cambiano. L’olio passa da un uso alimentare a un utilizzo legato a fini liturgici e sacri. In area padana come condimenti vengono preferiti lardo e strutto, fatta esclusione per la quaresima e i giorni di magro, mentre l’olio d’oliva è l’elemento fondamentale per tutti i sacramenti della chiesa. Dal battesimo alla cresima, fino all’estrema unzione.
Non solo. L’olio viene scelto come combustibile per l’illuminazione dei luoghi religiosi. In quegli anni proliferano i testamenti che lasciano a chiese e monasteri piante di ulivo Pro Luminaria, cioè per tenere acceso un lume in memoria del defunto. Come Dagisberto, visdomino della chiesa veronese, che nel 931 lasciò i suoi beni ad un ospedale e sessanta libbre di olio all’anno alla chiesa vescovile perché alimentassero le lampade giorno e notte. Sono tempi, quelli del Medioevo, in cui l’olio nell’Italia Settentrionale era diventato un bene di lusso.
L’uso in cucina molto contenuto, cresce però tra i più ricchi. Così già all’epoca in diversi libri e ricettari si trova spesso l’indicazione degli usi differenti dei condimenti. Olio di oliva per condire insalate, legumi, pesci. I grassi animali per cucinare la carne. Nelle aree di forte produzione, come il lago di Garda, è possibile che fosse usato anche dai ceti più umili, anche se l’alto valore commerciale (4-6 chili d’olio valevano come un maiale) ne consigliava la vendita. Bisogna aspettare ancora per arrivare nelle tavole di tutti.